jueves, 3 de diciembre de 2015

L'importanza crescente di Chávez



Tito Pulsinelli - 12/12/2012 Perchè le elites finanziarie lo detestano tanto? E' lo statista che ha anticipato di un decennio il cammino per mettere a salvo il suo Paese. Ha rimesso all'ordine del giorno valori come la sovranità, trasformandola in politica di Stato. Preambolo per recidere gli artigli con cui l'oligarchia finanziaria si appropriò delle risorse strategiche di tutti venezuelani. Nel 1989,  il Venezuela ebbe la sventura di subire l'equivalente dell'assalto frontale di cui è vittima oggi l'Europa meridionale. La depredazione era motivata dalle medesime ideologie onnivore, confiscatorie, finalizzate a
trasferire a "controllori esterni"
beni, risorse, autonomia e poteri istituzionali, propri delle nazioni e delle democrazie.

Chávez è il prodotto della sintesi tra le sollevazioni popolari spontanee del febbraio del 1989, dilagate in tutte le principali città venezuelane -debellate con il fuoco delle armi dal governo-protesi del FMI e USA- e la ribellione del 1992 di quei militari utilizzati come cecchini contro i cittadini. Altro che golpe! Presero il controllo pieno delle cinque maggiori regioni, con la partecipazione di almeno 8000 soldati. Il movimento bolivariano è la ricomposizione della forza tellurica dei saccheggi, della sommossa popolare e della ribellione organizzata dei sottufficiali. In esso confluiscono le energie dell'equità sociale e quelle della sovranità, dell'antimperialismo e del nazionalismo (1), per aprire la prospettiva ad un altro Paese-possibile.


Poi dilagò l'antipolitica per un altro decennio, i partiti si disssolsero come neve al sole, i frammenti si coalizzavano in ammucchiate inqualificabili, incapaci di frenare l'implosione, e dilagò una conflittualità diffusa, multiforme, che si irradiava lungo mille rivoli. La democrazia rappresentativa agonizzava lentamente. Finalmente si consolidò un'ampia alleanza di forze sociali e politiche, e nel 1998 Chávez divenne presidente. Indicò tre obiettivi: processo costituente, democrazia partecipativa, nazionalizzazione verace degli idrocarburi. Senza una nuova Costituzione, infatti, serviva ben poco la conquista del potere legislativo, in uno Stato minimalista e sfasciato deliberatamente dai liberisti.


Con la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, Chávez ha portato in dote ai suoi concittadini la riserva certificata più grande del mondo (300 miliardi di barili), che le multinazionali occidentali controllavano, asserendo cinicamente trattarsi di "bitume" (sic). Le regole delle nuove concessioni, impongono che lo Stato abbia sempre la maggioranza azionaria, e i petrolieri devono pagare il 60% di tasse (contro l'1,5% precedente).  Questa è la base del nuovo Stato sociale, che rende possibile destinare il 40% del bilancio alle politiche sociali: sanità, istruzione e previdenza sociale. 


Però non furono sufficienti solo i voti, per salvaguardarlo dalla controffensiva delle elites del 2002. Il fronte di resistenza dovette subire il sequestro di Chávez e una guerra economica interna, con la serrata dei porti e dell'industria petrolifera: 20 miliardi di dollari perduti e caduta del PIL. I voti conferiscono il potere politico, ma per far fronte a quello economico, finanziario, mediatico, religioso, imperiale, ai poteri occulti e a quelli "globali", ha funzionato la tenaglia governo + movimenti sociali, nel quadro dell'unità civico-militare. Voti più lotta permanente dispiegata su tutta la linea del fronte psico-sociale.

L'odio contro Chávez è il marchio di fuoco dei paladini della cosiddetta autonomia della banca centrale: autonoma da chi? Autonoma dai governi, dal voto dei cittadini, dalla legittimità democratica, non da oscuri ed esclusivi club venali autottoni, non dai centri finanziari internazionali. Non da Goldman Sachs che ora nomina apertamente i vertici della BCE,  del Banco d'Inghilterra e persino dei governi d'Italia e Grecia. La sovranità del Venezuela è tangibile da quando la Banca centrale risponde alle autorità di Caracas, unica leva per una politica monetaria ed economica autonoma. La regolamentazione e restrizione cambiaria come scudo per impedire la fuga dei capitali o l'esportazione di tutti gli utili delle multinazionali, è l'altro crimine chavista contro l'immacolato dogma liberista.


L'inviso "populismo" non nutre simpatia per i monopoli nei settori sensibili, pertanto nazionalizzò (con indennizzazione) il latifondo improduttivo e telecomunicazioni, per diversificare l'offerta e garantire la concorrenza, grazie all'intervento pubblico. E' inviso perchè palesa il divorzio insanabile avvenuto tra elites e società? Sarà per questo che ha la vista lunga? 


Nel 2007 non si regalarono soldi ai banca-rottieri, Chávez lasciò fallire i biscazzieri dell'azzardo globale, riscattò le banche più sane, però passarono a far parte del patrimonio pubblico. Ne sa qualcosa il gruppo spagnolo Santander. E' istruttivo rileggersi gli anatemi dei profeti di sventura, le bolle di scomunica dei prezzolati adoratori de "i mercati". Però  Caracas seppe resistere e percorse una strada opposta a quella imboccata dall'attuale classe dirigente europea, che finanzia a fondo perduto solo la banca privata. Non le imprese, non il consumo nè il fabbisogno sociale primario. 

Chávez aiutò l'Argentina con prestiti umani, consentendo a Nestor Kirchner di mantenere alla larga il capestro offerto dal FMI o troike, che non si limita ad esigere esosi tassi di interesse, ma pianifica dall'esterno le politiche economiche, fiscali, monetarie, militari e -ovviamente-  sociali. E' una autentica usurpazione di sovranità. Il Venezuela ha costituito un'alternativa per l'accesso al credito, nei momenti più critici della svolta antiliberista sudamericana, allargando lo spazio di manovra della Bolivia, Ecuador, Nicaragua e nazioni del Caribe. Anche con scambi non basati sul monetario, nè sul dollaro (2). 


Venne sbugiardata la favola dei "globalisti", che indica nel ritorno all'autarchia dell'isolato Stato-nazione,  l'unica alternativa possibile alle loro fisime autoritarie. Senza di loro non c'è il caos. La rivoluzione bolivariana, invece, divenne l'asse propulsore del blocco regionale sudamericano. Con l'idea-forza della complementarietà contro la concorrenza, dello sviluppo autonomo con redistribuzione versus crescita senza regole. La sovranità e autodeterminazione come alternativa all'espansionismo darwinista "occidentale", permeò la nuova architettura d'un continente che volta pagina. 


L'UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane), CELAC (Comunità Stati Latino Americani e Caraibi), allargamento del MERCOSUR (Mercato Comune sudamericano), ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), la nascita di istituzioni finanziarie sovranazionali come il Banco del Sur, sono traguardi ottenuti per il gran impulso impresso da Chávez. 

La sua acuta visione geopolitica multipolare, ha influito in gran misura sul fallimento del progetto colonizzatore dell'ALCA, modello d'integrazione con cui gli Stati Uniti tentarono  l'annessione non solo dei mercati, ma anche delle economie, risorse, biodiversità di tutti gli Stati nazionali a sud del Rio Bravo. L'accresciuto peso strategico dei prodotti energetici, si è aggiunto alla storica peculiarità geopolitica del Venezuela, come cerniera ed asse strutturante delle Ande, Amazzonia e Caraibi


L'arrivo al governo dei bolivariani si propagò lungo la colonna vertebrale Andina, e non tardarono a manifestarsi gli effetti in Brasile, Ecuador, Uruguay, Argentina e Bolivia. Senza la benzina inviata dal Brasile di Lula non sarebbe stato possibile sconfiggere pacificamente il sabotaggio e la serrata del 2002. Due secoli prima, da Caracas scoccò la scintilla che spense il sole all'impero spagnolo.

Il Venezuela, da enclave con scambi unidirezionali -tutto l'export agli USA e viceversa per le importazioni- sta avanzando nel progetto di uno sviluppo nazionale, autonomo dai centri finanziari "globali", perchè ridefinì con anticipo la sua collocazione nella nuova realtà della fase post-egemonica nordamericana. La rotta bolivariana ha messo il Venezuela in relazione con tutte  le potenze emergenti, con i nuovi attori globali e con due patner strategici che siedono nel Consiglio di sicurezza dell'ONU.


L'importanza di Chávez oltrepassa le frontiere, va al di là dei benefici del sistema di redistribuzione e del welfare garantito ai venezuelani  -in pieno auge della penuria imposta come dottrina universale- ed è un punto di riferimento decisivo per il subcontinente. E' la stella polare che ispira le forze sovraniste, popolari, nazionali e rivoluzionarie di tutte le latitudini. E' il cattivo maestro che ha dimostrato che ribellarsi paga, che è possibile resistere a chi è sotto minaccia permanente del potere oscurantista dei grossisti del denaro fittizio. Autoproducono il denaro ma dipendono dal lavoro di tutti, perciò cercano che sia forzato. 

L'odio del vecchio giro del G7  è l'impotenza crescente verso le barriere che vanno erigendosi contro il fallimento d'un modello economico, divenuto ormai implosione d'un progetto di socialità distruttivo, malthusiano, antinaturale, non più umanista. Chávez ha osato rivendicare un socialismo per il secolo XXI, democratico e pluralista, caratterizzato da una nuova egemonia sociale. Questo è imperdonabile se diventa forza reale che trasforma o modifica lo stato delle cose presenti.

(1) In Venezuela, il nazionalismo non è mai stato espansionista, colonialista, guerrafondaio, ha avuto -ed ha- una valenza opposta. In particolare, la gestazione del Venezuela è in stretto connubio con le radici della sua Indipendenza, dove fu la piattaforma di lancio del crollo dell'Impero spagnolo. Grazie a Bolivar, gli insorti venezuelani promossero la liberazione dell'attuale Colombia, Ecuador, Bolivia, Perù, Panama. La concezione di nazione è implicitamente derivata e collegata alla Patria Grande.

(2) Il Sucre è una unità di conto, basata sulle rispettive monete nazionali, che regola gli scambi dei membri dell'ALBA. Ha raggiunto il miliardo di dollari, al suo secondo anno.

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