miércoles, 6 de marzo de 2013

Addio Comandante-Presidente Chávez

Ha tracciato una rotta e indicato il futuro, verso cui si dirigono in molti a varie latitudini
Tito Pulsinelli - Alle 14,24 di martedi 5, ha cessato di esistere il Comandante Hugo Chávez, Presidente in carica della nuova Venezuela. Sovrana, degna, solidaria ed equitativa, da cui non erano riusciti a scalzarlo negli ultimi 14 anni. Nè con le buone, nè con le cattive. Imbattibile nelle urne, imbattibile con le regole della democrazia che rispettano la volontà popolare. Dopo una strenua lotta durata due anni, ha dovuto cedere di fronte al cancro. Nelle stesse ore, sono stati espulsi Davi Delmonaco e Devlin A. Kostal diplomatici dell'ambasciata USA di Caracas, coinvolti in oscure mene sobillatrici. Il lupo perde il pelo ma non il vizio.  La Presidente Dilma Rousseff ricorda che Chávez è stato un grande dirigente latinoamericano e che il Brasile ha perso un buon amico.  
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Il capo di Stato colombiano Santos ha detto che "..è una gran perdita per il Venezuela e la regione, se abbiamo fatto passi avanti decisivi nei  negoziati con la guerriglia della FARC è grazie a Chávez". Obama ha diramato un'inqualificabile e anodino comunicato, voce stonata che evidenzia la sua solitudine continentale. 

Chávez è un vincente per la capacità di raccogliere ed organizzare il consenso della maggioranza del suo popolo. E'  l'uomo che giunto alla presidenza nel 1998, si rese immediatamente conto della fragilità del potere politico appena conquistato, di fronte al potere economico, mediatico, banca nazionale e forestiera, FMI ed altri centri globalisti. Il leader bolivariano seppe tessere con pazienza la trama di una nuova istituzionalità, evitando sempre lo scontro frontale, spesso lasciando  inalterati i centri ostili e nemici, ed edificando via via strutture alternative o parallele, che li svuotassero progressivamente. 


E' stato così per le Missioni, a cominciare dall'iniziale campagna contro l'analfabetismo, ottenuta mettendo da parte la burocrazia ministeriale, e coinvolgendo organizzativamente i settori sociali che erano destinatari dell'inclusione e del nuovo Stato sociale in costruzione, finanziato con le risorse energetiche strappate alle multinazionali.


Il potere che Chávez lascia in eredità ha solide basi perchè è andato formandosi rimuovendo ostacoli altrimenti insormontabili, coniugando la forza della legalità elettorale con l'indispensabile  mobilitazione permanente dei movimenti per difendere i voti. Basti solo ricordare come Chávez piegò la serrata padronale e il sabotaggio dell'industria petrolifera nel 2002: senza leggi speciali, senza derogare le garanzie costituzionali, solo con la mobilitazione, l'appoggio popolare e quello militare. Come nel judo, sapeva sfruttare a proprio vantaggio la dissennata scompostezza delle elites avventuriste.


E' l'uomo che proviene dalla notte neoliberista del "consenso di Washington", cui assestò i primi fragorosi colpi di maglio, dapprima con la ribellione militare del 1992 e poi con la prima vittoria elettorale. E' il precursore d'un cambio di epoca, e dimostrò al mondo che il neoliberismo non è inellutabile e che un altro cammino è possibile.


Il Comandante-Presidente è un uomo amato dalla sua gente, di cui è stato un interprete dei sentimenti e delle aspirazioni più intime e profonde che -grazie alla sua dote di pedagogo visionario- ha trasformato in patrioti orgogliosi, cittadini consapevoli e militanti abnegati. Ha ridato dignità culturale, valore etico e senso storico a concetti quali sovranità, sviluppo autonomo, socialismo, nazionalizzazione e antimperialismo. Per il suo Paese è il "nuovo Principe" che ha temprato la nuova realtà al calore di sfide di complessità crescente, consapevole che il potere conquistato con scorciatoie o facilità, con altrettanta facilità si perde. I suoi avversari -interni ed esterni- prede d'un irreversibile manicheismo, l'hanno sempre sottovalutato e disprezzato i suoi seguaci.


L'orizzonte dischiuso da Chávez e dalla rivoluzione bolivariana nel 1998- al pari di Bolivar e dei suoi combattenti anticolonialisti di due secoli prima- ha orientato e illuminato la traiettoria liberatrice seguita poi dal Brasile, Bolivia, Argentina, Ecuador e Nicaragua. L'eredità che lascia travalica le frontiere nazionali, si è già cristallizzata nel consolidamento del blocco sudamericano (Unasur, Celac) e dei Caraibi (ALBA).  Il Venezuela continua ad essere la piattaforma tettonica in grado di dar ritmo all'onda geopolitica sussultoria del subcontinente americano. Oggi caratterizzato dal recupero della sovranità nazionale, rifiuto crescente del fondomonetarismo e l'impulso dato alle politiche di sviluppo con redistribuzione. 


Qui sono state riscritte varie Costituzioni snaturate dai globalisti, che hanno reso tangibile l'affermazione di nuovi gruppi dirigenti e il passaggio dalla defunta democrazia rappresentativa a quella partecipativa. Qui è possibile indire referendum per rimuovere ogni autorità scaturita da elezioni, una volta giunte alla metà del loro mandato. Molti di quelli che parlano a vanvera di neoautoritarismo o dittature inesistenti, non sono disponibili a concedere ai loro cittadini simili diritti "populisti". 

Chávez ha ridato la speranza e la capacità di sognare un futuro assai dissimile dagli incubi maniacali dei vedovi del "pensiero unico" o dal tardo golpismo dei clerici dell'economismo eretto a ragion di Stato. Per questo è amato da molti, per questo è demonizzato dalle oligarchie e dai club in si riuniscono a porte chiuse per congiurare contro la natura e le genti. 


Si mettano il cuore in pace, però, in Venezuela chi ha il potere economico e finanziario non potrà assaltare anche il potere politico, con o senza colpi di mano. Con aiuti dall'esterno, non è ancora all'ordine del giorno l'arrembaggio delle multinazionali contro la prima riserva mondiale di idrocarburi. Nè la restaurazione per tornare alla democrazia tutelata del passato.E questo non dipende affatto dall'assenza fisica di Chávez. Il suo lascito strategico è una cultura nazional-popolare, con identità collettiva e valori emergenti che costituiscono una nuova sensibilità sociale, che si roietta oltra la dimensione politica. Sotto la forma-partito del PSUV si è consolidata una nuova egemonia, non ancora irreversibile, ma è già il segno maiuscolo d'una comunità agente saldamente radicata nei cuori più sensibili e nelle menti più perspicaci e guerriere. 


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